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- Oltre il 70% delle emissioni nazionali di ammoniaca in Italia provengono dagli allevamenti intensivi, contribuendo alla formazione di PM2,5.
- Il 66% delle superfici agricole europee è dedicato alla coltivazione di foraggio per gli animali, riducendo la disponibilità di terre per le colture destinate al consumo umano.
- Ogni chilo di carne bovina prodotto richiede oltre 15.000 litri di acqua, un dato allarmante in un contesto di crescente scarsità idrica globale.
Il dibattito sugli allevamenti intensivi è tornato al centro dell’attenzione grazie alle recenti dichiarazioni di Mario Serpillo, Presidente dell’Unione Coltivatori Italiani (UCI). Serpillo ha sottolineato come questo sistema produttivo rappresenti una minaccia crescente per l’ambiente, la salute pubblica e l’economia delle piccole aziende agricole. Secondo le sue analisi, gli impatti ambientali degli allevamenti intensivi sono enormi e costosi, compromettendo la qualità dell’aria e delle risorse naturali. In Italia, oltre il 70% delle emissioni nazionali di ammoniaca, che contribuiscono alla formazione di particolato fine (PM2,5), provengono da questi allevamenti, con effetti devastanti sulla salute pubblica, specialmente nelle aree densamente popolate come la Pianura Padana.
Impatto Ambientale e Risorse Naturali
Le pratiche di allevamento intensivo occupano il 66% delle superfici agricole del continente europeo, impiegate per la coltivazione di foraggio destinato agli animali. Questo modello economico, che privilegia le grandi aziende, ha portato alla riduzione delle piccole aziende agricole, dimezzate rispetto al 2007. In Italia, il 70% dei sussidi della Politica Agricola Comune (PAC) è destinato a meno del 30% delle aziende agricole, promuovendo l’incremento della capacità produttiva. Serpillo ha evidenziato l’urgenza di un passaggio verso un’agricoltura ecosostenibile per supportare le piccole imprese e valorizzare un sistema agricolo più attento alle risorse naturali. Ha sottolineato l’importanza di liberare risorse per colture più sostenibili e alimenti destinati al consumo umano, migliorando la disponibilità di cibo salubre e riducendo l’impatto ecologico.
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Conseguenze sulla Salute e sull’Ambiente
Gli allevamenti intensivi non solo consumano risorse idriche e terreni coltivabili, ma li contaminano anche. Ogni chilo di carne bovina richiede oltre 15.000 litri di acqua, un dato allarmante in un contesto in cui due miliardi di persone soffrono la scarsità d’acqua. Gli effluenti e i composti ricchi di azoto scaricati dai sistemi di allevamento inquinano i corsi d’acqua e le falde sotterranee, compromettendo in modo permanente i terreni agricoli e i bacini idrici. Questi terreni impoveriti perdono biodiversità e capacità di assorbire CO₂, aggravando l’emergenza climatica. Gli allevamenti intensivi sono responsabili fino al 18% delle emissioni globali di gas serra, superando persino quelle del trasporto su strada, e rappresentano un ostacolo significativo per il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Una Transizione Necessaria
Oltre all’inquinamento atmosferico e idrico, Serpillo ha evidenziato i rischi per la salute pubblica derivanti dall’uso massiccio di antibiotici nei sistemi intensivi, che ha portato alla formazione di batteri antibiotico-resistenti, una minaccia globale secondo l’OMS. L’adozione incontrollata di antibiotici nei contesti intensivi, mirata a tamponare le condizioni di allevamento problematiche, costituisce un grave rischio per il benessere umano. La resistenza batterica agli antibiotici è tra le sfide più serie che i sistemi sanitari dovranno affrontare prossimamente. Serpillo ha concluso affermando la necessità di un piano sistematico di trasformazione che incoraggi pratiche agro-ecologiche, salvaguardi la diversità biologica e garantisca il sostentamento economico delle piccole fattorie, assicurando al contempo alimenti sani e accessibili a tutta la popolazione.
In agricoltura, un concetto fondamentale è quello della rotazione delle colture, una pratica che aiuta a mantenere la fertilità del suolo e a ridurre la diffusione di malattie e parassiti. Questo metodo è particolarmente rilevante nel contesto degli allevamenti intensivi, dove la monocoltura per la produzione di mangimi può impoverire il terreno. Un approccio più avanzato è l’agricoltura rigenerativa, che mira a migliorare la salute del suolo, la biodiversità e il ciclo dell’acqua, contribuendo a mitigare il cambiamento climatico. Riflettendo su questi temi, emerge l’importanza di un’agricoltura sostenibile che non solo soddisfi le esigenze alimentari attuali, ma preservi anche le risorse per le generazioni future.