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Scandalo: Sfruttamento agricolo in Italia, numeri choc svelano una realtà disumana

Nuove inchieste e controlli rivelano condizioni di lavoro inaccettabili e violazioni dei diritti dei lavoratori agricoli. Scopri i dati allarmanti e le storie dietro questa emergenza nazionale.
  • Su 109 aziende agricole ispezionate, il 56,9% presentava irregolarità.
  • 236 lavoratori su 505 controllati erano irregolari, inclusi 3 minorenni.
  • Sanzioni comminate per 475.932 euro per infrazioni e violazioni accertate.

Sfruttamento del lavoro agricolo: un’emergenza nazionale

Il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura continua a destare profonda preoccupazione in Italia. Diverse inchieste e controlli a sorpresa hanno portato alla luce una realtà allarmante, caratterizzata da condizioni di lavoro disumane, retribuzioni irrisorie e violazioni sistematiche dei diritti dei lavoratori, soprattutto stranieri. Le indagini, condotte in diverse regioni italiane, evidenziano un sistema radicato e diffuso, che coinvolge un numero significativo di aziende agricole e intermediari senza scrupoli.

Un esempio emblematico è l’indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Perugia, che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di dieci persone, accusate di sfruttamento del lavoro, intermediazione illecita e caporalato nelle campagne umbre e toscane. L’inchiesta, avviata tra ottobre 2022 e gennaio 2023, ha rivelato un sistema di reclutamento di manodopera straniera, spesso in condizioni di irregolarità, impiegata in lavori agricoli a condizioni gravemente lesive della dignità umana. I lavoratori erano sottoposti a turni massacranti, retribuzioni inferiori ai contratti collettivi, alloggi fatiscenti e mancato rispetto delle norme sulla sicurezza. I reati contestati includono anche riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, falso ideologico, uso di atto falso e tentata truffa.

La denuncia di un lavoratore nigeriano, assistito dall’avvocato Francesco Di Pietro, ha contribuito in modo determinante all’avvio dell’indagine. Il lavoratore ha raccontato di essere stato reclutato per lavorare nei campi senza contratto, con turni estenuanti e retribuzioni al di sotto dei minimi di legge. Dopo circa 15 giorni di lavoro, non aveva ricevuto il compenso pattuito ed era alloggiato in un casolare fatiscente e privo dei requisiti igienico-sanitari minimi. L’uomo ha denunciato anche le minacce ricevute quando ha chiesto il pagamento dello stipendio.

Controlli a tappeto e risultati sconcertanti

A seguito della tragica morte di Satnam Singh, il bracciante indiano deceduto a Latina, sono stati intensificati i controlli nel settore agricolo in diverse province italiane, tra cui Mantova, Modena, Latina, Caserta e Foggia. I risultati sono stati sconcertanti: su 109 aziende agricole ispezionate, ben 62 (il 56,9%) presentavano irregolarità. Su 505 lavoratori controllati, 236 (il 46,7%) sono risultati irregolari, tra cui 3 minorenni e 136 cittadini stranieri. Si è accertata la presenza di personale completamente a nero, tra cui alcuni stranieri privi dei necessari permessi di soggiorno.

Sono stati comminati provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale per un ammontare di 76.500 euro, così ripartiti: una parte per impiego di lavoratori non dichiarati, una parte per gravi mancanze in tema di salute e sicurezza sul lavoro, e una parte per la compresenza di entrambe le violazioni.

Complessivamente, sono state contestate infrazioni e sanzioni pecuniarie per un valore di 475.932 euro.

In totale, 56 persone sono state deferite all’autorità giudiziaria, di cui un certo numero per il delitto di illecita intermediazione e sfruttamento della manodopera, un altro gruppo per violazioni delle normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, alcuni per inosservanza delle norme contenute nel Testo Unico sull’Immigrazione, e un soggetto per sottrazione di energia elettrica.

Nonostante il quadro desolante, i controlli hanno evidenziato un timido tentativo di cambiamento. Alcuni datori di lavoro agricoli hanno cercato di regolarizzare alcune posizioni, assumendo un certo numero di lavoratori, pari a circa un quarto del totale dei controllati, con contratti a termine che partivano da fine giugno e si concludevano il 31 agosto 2024.

In particolare, nel territorio di Latina, dopo il decesso di Singh, un certo numero di dipendenti, precisamente più della metà di quelli verificati, ha ottenuto un regolare contratto di lavoro.

Il caso Foggia: un sistema di sfruttamento radicato

Un’altra inchiesta significativa è quella condotta nel foggiano, denominata “Terra Rossa”, che ha portato all’arresto di cinque persone e all’iscrizione nel registro degli indagati di altre undici, con obbligo di dimora. Le indagini hanno interessato dieci aziende agricole, quantificando un volume d’affari valutabile in cinque milioni di euro.

Nelle campagne del foggiano, i braccianti di origine africana venivano obbligati a prestare la propria opera dalla mattina alla sera per compensi irrisori, in condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza del lavoro estremamente carenti.

Stando a quanto ricostruito dagli investigatori, i caporali reclutavano i lavoratori nella baraccopoli di Borgo Mezzanone, provvedendo poi a trasportarli nei campi (talvolta stipandoli persino nel bagagliaio delle automobili), a sorvegliarli durante l’attività lavorativa e a retribuirli.

La paga oraria corrisposta ai lavoratori ammontava a 5,70 euro, per un massimo di 35 euro giornalieri, cifra che si discostava in maniera evidente da quanto previsto dalle tabelle del contratto collettivo nazionale di lavoro.

Inoltre, all’interno dell’azienda non veniva rispettata la disciplina in materia di orario di lavoro, di riposi e di sicurezza.

Il fenomeno del caporalato non è una novità per la Capitanata. E’ un male profondo, arduo da sradicare, malgrado i diversi sforzi intrapresi da istituzioni governative, ministeri, organizzazioni sindacali e associazioni agricole.

Un quadro nazionale allarmante: 230.000 braccianti sfruttati

Secondo i dati Istat, in Italia sono circa 230.000 i braccianti che subiscono sfruttamento e abusi, con contratti fantasma e una paga che va dai 15 ai 35 euro al giorno, in alcuni casi appena due euro l’ora. Tra questi, 55.000 sono donne. Si tratta di lavoratori provenienti da paesi quali Nigeria, Senegal, Costa d’Avorio, Gambia, Mali, Bulgaria, Romania, Pakistan, Bangladesh e India. Il caporalato è un sistema radicato, che non interessa solo il Sud del Paese, ma è strutturale. Nonostante la legge 199 del 2016 sia avanzata e riconosciuta anche a livello europeo, le pratiche abusive non sono state debellate. A seguito della pandemia, la situazione è divenuta ancora più critica.

Nonostante il PNRR destini 200 milioni di euro al superamento di tali insediamenti, manca una mappatura esaustiva di questi centri.

Le difficoltà nell’azione di contrasto al caporalato sono in parte connesse alla delicata questione dei controlli, che hanno subito una contrazione tra il 2022 e il 2023.

Sulla base dei dati forniti dall’Ispettorato del Lavoro (INL), a fronte di accessi ispettivi eseguiti nel 2023, in un numero elevato di casi, è stata accertata la commissione di illeciti, che hanno coinvolto un numero importante di persone vittime del fenomeno del caporalato.

Contemporaneamente, l’Osservatorio Placido Rizzotto segnala un incremento di denunce e di indagini, con cifre che hanno quasi visto un raddoppio rispetto all’anno precedente, passando da un certo numero a un numero significativamente più alto.

Secondo il parere di Paolo Pennesi, direttore dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, la frammentazione del tessuto imprenditoriale agricolo italiano contribuisce ad alimentare il fenomeno del caporalato, in quanto le situazioni di lavoro sommerso risultano più frequenti in realtà aziendali di dimensioni ridotte e con una struttura meno solida.

Verso un’agricoltura etica e sostenibile: una sfida complessa

La lotta contro il caporalato e lo sfruttamento del lavoro in agricoltura rappresenta una sfida complessa, che richiede un impegno congiunto da parte delle istituzioni, delle imprese, dei sindacati e della società civile. È necessario rafforzare i controlli, promuovere la legalità e la trasparenza nelle filiere agricole, garantire condizioni di lavoro dignitose e retribuzioni adeguate, favorire l’integrazione dei lavoratori stranieri e contrastare il fenomeno dei ghetti.

La “Rete del lavoro agricolo di qualità”, istituita presso l’INPS, rappresenta un’iniziativa importante per certificare le imprese etiche, ma ad oggi ha coinvolto solo un numero limitato di aziende. È necessario incentivare l’adesione alla Rete e promuovere una cultura della responsabilità sociale tra gli imprenditori agricoli.

Un Futuro Possibile: Coltivare Dignità e Giustizia nei Campi

Il quadro che emerge dalle inchieste e dai controlli è indubbiamente allarmante, ma non deve scoraggiarci. Anzi, deve spingerci a riflettere profondamente sul modello agricolo che vogliamo per il nostro paese. Un modello che non può basarsi sullo sfruttamento e sulla negazione dei diritti fondamentali dei lavoratori. Dobbiamo impegnarci a costruire un’agricoltura etica e sostenibile, che valorizzi il lavoro umano e rispetti la dignità di ogni persona.

E qui, amici lettori, vorrei condividere con voi una nozione base di agricoltura che si lega strettamente a questo tema: la rotazione delle colture. Proprio come la terra ha bisogno di riposo e di varietà per non impoverirsi, anche i lavoratori agricoli hanno bisogno di condizioni di lavoro umane e di rispetto per non essere “sfruttati” fino all’esaurimento. La rotazione delle colture, in agricoltura, è una pratica agronomica che consiste nell’alternare, su uno stesso terreno, diverse colture in cicli programmati. Questa tecnica permette di migliorare la fertilità del suolo, ridurre l’incidenza di parassiti e malattie, e ottimizzare l’uso delle risorse idriche. Allo stesso modo, un’agricoltura che rispetta i diritti dei lavoratori e promuove la loro dignità è un’agricoltura più fertile, più sana e più sostenibile nel lungo periodo.

E per chi volesse approfondire, esiste una tecnica ancora più avanzata: l’agroecologia. Questa disciplina, che integra principi ecologici e agronomici, mira a progettare sistemi agricoli che siano resilienti, produttivi e rispettosi dell’ambiente e delle persone. L’agroecologia promuove la diversificazione delle colture, l’uso di pratiche agricole conservative, la gestione integrata dei parassiti e delle malattie, e la valorizzazione delle conoscenze tradizionali. In un’ottica agroecologica, il lavoro agricolo non è visto come un semplice fattore di produzione, ma come un elemento essenziale per la salute e la vitalità dell’intero sistema agricolo.

Vi invito a riflettere su questo: cosa possiamo fare, nel nostro piccolo, per sostenere un’agricoltura più giusta e più umana? Scegliere prodotti provenienti da filiere etiche, informarsi sulle condizioni di lavoro nelle aziende agricole, sostenere le organizzazioni che si battono per i diritti dei lavoratori, sono solo alcuni dei modi in cui possiamo fare la nostra parte. Perché un futuro migliore per l’agricoltura è un futuro migliore per tutti noi.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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