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- Dissalatore: solo 15 su 40 m³ all'ora utilizzati internamente.
- Potenziale: 200-240 m³ ogni 60 minuti teorici dal dissalatore.
- Agricoltura di precisione: monitoraggio con sensori e droni.
Nurra, un territorio assetato
La crisi idrica che affligge la Nurra, una pianura fertile situata nel nord-ovest della Sardegna, rappresenta una sfida decisiva per il futuro del settore agricolo regionale. La persistente aridità e l’amministrazione inefficiente delle riserve idriche hanno piegato un comparto fondamentale per l’economia del luogo, aprendo questioni sulla sostenibilità dell’attuale modello agricolo. La storia del dissalatore di Fiume Santo, nato con l’intento di risolvere i problemi di approvvigionamento di acqua, si è trasformata in un simbolo di promesse non mantenute e di speranze deluse. Questo impianto, ideato per liberare la Nurra dalla dipendenza dalle piogge e assicurare la continuità delle coltivazioni, è invece diventato un esempio delle difficoltà che si incontrano nel concretizzare i progetti di sviluppo.
Il dissalatore di Fiume Santo, localizzato all’interno della centrale termoelettrica E. T., ha ricevuto cospicui investimenti pubblici con l’obiettivo di incrementare la produzione agricola. Tuttavia, una serie di problematiche, come lentezze burocratiche, gestioni inefficienti e l’assenza di intese tra i soggetti coinvolti, hanno impedito all’impianto di sviluppare appieno le sue capacità. Attualmente, il dissalatore funziona a capacità ridotta, distribuendo una quantità d’acqua insufficiente per soddisfare le necessità del territorio. Questa situazione ha generato risentimento e scoraggiamento tra i coltivatori, che si sentono abbandonati dalle istituzioni e privati di un mezzo essenziale per la loro attività. La crisi idrica nella Nurra non è solo un problema ambientale, ma anche una questione sociale ed economica che mette a repentaglio la sopravvivenza di numerose aziende agricole e la stabilità del tessuto sociale. La carenza d’acqua influisce negativamente sulla qualità dei prodotti, incrementa le spese di gestione e rende incerto il futuro del settore. Di fronte a questa emergenza, è indispensabile una svolta nella gestione delle risorse idriche, promuovendo un approccio integrato e sostenibile che consideri le esigenze del territorio e delle comunità locali. Occorre una prospettiva a lungo termine che superi gli interessi individuali e metta al primo posto la salvaguardia dell’ambiente e la valorizzazione dell’agricoltura sarda.

Promesse disattese e responsabilità
Le cause del fallimento del dissalatore di Fiume Santo sono molteplici e complesse, attribuibili a una serie di fattori politici, gestionali e strutturali. Nel corso degli anni, si sono alternate diverse amministrazioni regionali e locali, incapaci di definire una strategia condivisa e duratura per la gestione delle risorse idriche. L’assenza di una pianificazione strategica e di una governance efficace ha reso più difficile il superamento degli impedimenti burocratici e il coordinamento degli interventi necessari. Le inefficienze strutturali dell’impianto, pur vantando una capacità teorica elevata, ne hanno limitato l’operatività e diminuito l’efficacia. Il dissalatore presenta problemi di manutenzione e di connessione alla rete idrica esistente, che ne compromettono il funzionamento a pieno regime.
Le responsabilità politiche e gestionali sono palesi nella mancanza di una pianificazione a lungo termine e nella difficoltà di coordinare gli interventi tra i vari enti coinvolti. La divisione delle competenze e la sovrapposizione delle responsabilità hanno generato confusione e ritardi, impedendo di affrontare in modo efficace la crisi idrica. La mancanza di una leadership forte e di una visione condivisa ha favorito gli interessi di parte a discapito del bene comune, mettendo a rischio la realizzazione di un progetto strategico per il futuro dell’agricoltura sarda. Gli agricoltori della Nurra si sentono abbandonati dalle istituzioni e privati di un’infrastruttura fondamentale per la loro attività. Molti di loro hanno investito risorse e energie nel settore, confidando nella promessa del dissalatore, ma si sono ritrovati con un impianto sottoutilizzato e un territorio in crisi. Le testimonianze degli agricoltori sono un grido di allarme sulla situazione insostenibile in cui versa l’agricoltura della Nurra. La siccità prolungata e la mancanza di acqua mettono a rischio la sopravvivenza di numerose aziende agricole, compromettendo la qualità delle produzioni e aumentando i costi di gestione. La crisi idrica non è solo un problema ambientale, ma anche una questione sociale ed economica che richiede risposte immediate e concrete.
Speranze e prospettive per il futuro
Nonostante le difficoltà, la situazione nella Nurra non è irrecuperabile. Recentemente, il Centro Studi Agricoli ha dato il via a un’iniziativa per stimare la possibilità di sfruttare l’acqua prodotta dal dissalatore per l’irrigazione. I primi contatti con i vertici della centrale E. T. di Fiume Santo hanno aperto uno spiraglio di speranza per il futuro. Secondo quanto emerso, l’impianto di dissalazione ha una capacità di 40 metri cubi all’ora, di cui solo 15 sono utilizzati internamente. I restanti 25-35 potrebbero essere messi a disposizione degli agricoltori. Inoltre, la progettazione del dissalatore prevedeva una produttività teorica cinque volte maggiore, arrivando a generare tra i 200 e i 240 metri cubi ogni sessanta minuti. Questa opportunità potrebbe rinvigorire l’agricoltura della Nurra e assicurare un futuro più ecosostenibile al territorio. Per raggiungere tale traguardo, è necessario un impegno concreto da parte di tutte le istituzioni coinvolte, a partire dalla Regione Sardegna, i consorzi di bonifica e le amministrazioni locali.
È necessario che si promuova una discussione politica e di natura tecnica per convertire tale opportunità in una soluzione concreta e ben strutturata per l’irrigazione nella zona della Nurra. Solo così si potrà dare una risposta alle esigenze degli agricoltori e valorizzare le risorse del territorio. Per rilanciare l’agricoltura della Nurra, è necessario intervenire su diversi fronti. In primo luogo, è fondamentale ottimizzare l’utilizzo del dissalatore di Fiume Santo, superando le inefficienze strutturali e gestionali. In secondo luogo, è necessario investire nella realizzazione di nuove infrastrutture idriche, come dighe e bacini artificiali, per aumentare la capacità di stoccaggio dell’acqua. Infine, è necessario promuovere pratiche agricole sostenibili che consentano di ridurre il consumo di acqua e preservare le risorse naturali. Solo attraverso un approccio integrato e partecipativo si potrà garantire un futuro prospero per l’agricoltura della Nurra. Le pratiche agricole sostenibili includono l’irrigazione a goccia, la coltivazione di varietà resistenti alla siccità, la lavorazione conservativa del suolo e l’uso di tecniche di agricoltura biologica e biodinamica.
Lezioni dal passato, speranze per il futuro
L’esperienza del dissalatore di Fiume Santo non è isolata. In Italia, altri impianti hanno incontrato difficoltà simili per problemi gestionali, costi elevati o integrazione con le reti idriche. Il dissalatore di Porto Empedocle, in Sicilia, è stato abbandonato per anni per gli alti costi, ma si cerca di ripristinarlo. In Puglia, i dissalatori sono integrati con successo nella gestione idrica, fornendo una fonte alternativa in siccità. Israele è leader nella tecnologia di dissalazione, con sistemi efficienti e sostenibili. La dissalazione può risolvere la crisi idrica, ma va pianificata e gestita efficientemente, considerando costi, ambiente e esigenze del territorio. La vicenda del dissalatore di Fiume Santo, con le sue promesse disattese e le speranze tradite, rappresenta una lezione importante per il futuro dell’agricoltura sarda. È necessario un cambio di mentalità e di approccio nella gestione delle risorse idriche, promuovendo un modello più sostenibile e partecipativo che tenga conto delle esigenze del territorio e delle comunità locali. Solo così si potrà garantire un futuro prospero per l’agricoltura della Nurra e per l’intera regione.
Amici, riflettiamo un attimo. Avete presente la capacità idrica del suolo? È come una spugna: più un terreno è sano e ricco di sostanza organica, più acqua riesce a trattenere, rendendo le piante più resistenti alla siccità. E sapete cosa c’è di ancora più interessante? L’agricoltura di precisione! Con sensori e droni possiamo monitorare in tempo reale lo stato di salute delle piante e del suolo, irrigando solo dove e quando serve, ottimizzando al massimo l’uso dell’acqua. Insomma, la tecnologia ci offre strumenti incredibili per affrontare le sfide del futuro. Cosa ne pensate? Non sarebbe fantastico se ogni agricoltore avesse accesso a queste tecnologie, per un’agricoltura sempre più sostenibile e rispettosa dell’ambiente?
- Sardegna Ricerche promuove l'innovazione tecnologica e la ricerca scientifica in Sardegna.
- Pagina ufficiale della centrale termoelettrica di Fiume Santo gestita da EP Produzione.
- Documento ufficiale dell'Autorità di Bacino sulla gestione delle risorse idriche.
- Vertice ANBI sulla crisi idrica in Nurra: possibili soluzioni a breve termine.