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Agrivoltaico: l’occasione d’oro o l’incubo fiscale per gli agricoltori?

Le nuove disposizioni fiscali rischiano di compromettere la fattibilità economica dei progetti agrivoltaici, sollevando interrogativi sulla reale sostenibilità e convenienza di questa innovazione.
  • Le nuove regole fiscali introdotte dal DDL 2024 potrebbero comportare un'aliquota fiscale fino al 43% sui corrispettivi per il diritto di superficie dei terreni destinati agli impianti agrivoltaici.
  • Per accedere ai contributi, la superficie minima destinata all'attività agricola/pastorale deve essere pari ad almeno il 70% della superficie totale del sistema agrivoltaico.
  • Nel caso di attività zootecnica o di installazione di moduli fotovoltaici in posizione verticale fissa, l'altezza minima dei pannelli è di 1,3 metri, mentre per attività colturale o mista è di 2,1 metri.

Agrivoltaico: tra opportunità e incognite

L’agrivoltaico, una pratica che integra la produzione di energia solare con l’attività agricola, sta guadagnando terreno nel panorama italiano come potenziale soluzione per diversificare il reddito agricolo e promuovere la transizione energetica. Tuttavia, questa innovazione non è esente da ombre e criticità, che sollevano interrogativi sulla sua reale sostenibilità e convenienza. Le nuove disposizioni fiscali, in particolare, hanno acceso un vivace dibattito, mettendo in discussione la fattibilità economica di molti progetti. Il motivo scatenante di questa discussione è legato all’urgenza di trovare modelli di sviluppo sostenibile che possano coniugare le esigenze del settore agricolo con quelle della produzione energetica, in un contesto di crescente attenzione alle tematiche ambientali e climatiche. Si tratta di una notizia rilevante perché l’agrivoltaico, se ben implementato, potrebbe rappresentare una risposta concreta alle sfide del futuro, contribuendo a ridurre la dipendenza dalle fonti fossili e a promuovere un’agricoltura più resiliente e innovativa.
Le nuove regole fiscali introdotte dal DDL 2024 hanno generato preoccupazioni nel settore agrivoltaico. Il cambiamento principale riguarda la tassazione del diritto di superficie per i terreni destinati agli impianti. I corrispettivi che gli agricoltori ricevono per la concessione di questo diritto, prima soggetti a un regime fiscale agevolato, sono ora considerati redditi imponibili, classificati come “redditi diversi” ai sensi dell’articolo 67 del TUIR. Questa modifica potrebbe comportare un’aliquota fiscale fino al 43%, un incremento significativo che rischia di scoraggiare gli investimenti. L’aspetto più critico è la retroattività della norma, che incide anche sui contratti in corso, creando incertezza giuridica e mettendo a rischio la pianificazione finanziaria delle imprese. Il timore è che, per “salvare” alcuni progetti, si possa assistere a una compravendita dei terreni, con conseguente abbandono dell’attività agricola. Si prevede che le difficoltà e le incertezze del quadro normativo potrebbero avere un impatto molto forte sulle aziende agricole, in particolare quelle che hanno investito o intendono investire in progetti agrivoltaici. Questo perché le aziende si troverebbero a dover affrontare costi fiscali più elevati e una maggiore incertezza riguardo al ritorno economico dei loro investimenti. Di conseguenza, molte aziende potrebbero decidere di abbandonare i loro progetti agrivoltaici o di non investirvi affatto, rallentando lo sviluppo del settore.

I vantaggi e le sfide per il settore agricolo

L’agrivoltaico offre agli agricoltori la possibilità di diversificare le proprie entrate attraverso la produzione di energia pulita, soprattutto in un contesto di crescente instabilità dei mercati agricoli. La riduzione della dipendenza dalle fonti energetiche tradizionali e il miglioramento dell’impronta ambientale delle aziende agricole sono ulteriori vantaggi. Tuttavia, i costi iniziali per l’installazione degli impianti sono elevati, e la complessità burocratica può rappresentare un ostacolo significativo. L’agrivoltaico può limitare le scelte colturali, richiedendo una gestione più attenta del suolo e dell’acqua. Questo è particolarmente vero per le aziende agricole di piccole e medie dimensioni, che potrebbero non avere le risorse finanziarie e le competenze necessarie per affrontare le sfide dell’agrivoltaico. Inoltre, l’agrivoltaico può generare conflitti con le attività agricole tradizionali, come l’allevamento e la coltivazione di colture specializzate. È quindi fondamentale che i progetti agrivoltaici siano attentamente pianificati e gestiti, in modo da massimizzare i benefici e minimizzare gli impatti negativi.

Un aspetto fondamentale è la determinazione dei requisiti per definire un impianto come “agrivoltaico avanzato”. Tali impianti devono non solo garantire la continuità dell’attività agricola, ma anche adottare soluzioni innovative, come il montaggio dei moduli elevati da terra o la rotazione dei moduli stessi. È inoltre richiesta la presenza di sistemi di monitoraggio per verificare l’impatto dell’installazione fotovoltaica sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola, la continuità delle attività aziendali, il recupero della fertilità del suolo, il microclima e la resilienza ai cambiamenti climatici. Questi requisiti, sebbene mirino a garantire la sostenibilità degli impianti, possono rappresentare un ulteriore ostacolo per gli agricoltori, in quanto richiedono investimenti e competenze specifiche. Il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) relativo al “regime di sostegno per l’agrivoltaico innovativo” ha definito questi requisiti in modo più preciso, ma è necessario che le linee guida siano chiare e facilmente interpretabili, per evitare incertezze e contenziosi.
Nel corso degli ultimi anni, si è assistito ad un aumento della domanda di energia rinnovabile, ma anche ad una crescente preoccupazione per l’impatto ambientale degli impianti fotovoltaici. L’agrivoltaico rappresenta una soluzione per conciliare queste due esigenze, ma è fondamentale che gli impianti siano progettati e realizzati in modo da minimizzare il consumo di suolo e preservare la biodiversità.
Gli impianti agrivoltaici sono composti da strutture complesse, che presentano per questa ragione costi molto elevati, se confrontati con quelli relativi al fotovoltaico con pannelli montati a terra. Questo aspetto è facile da comprendere, in quanto un impianto fotovoltaico a terra naturalmente non necessita di pali utilizzati per alzare l’impianto dal terreno. Oltre alla questione dei costi, la struttura dell’impianto, contraddistinta dalla sopraelevazione dei pannelli, fa sì che l’impianto sia naturalmente più sensibile a possibili eventi climatici avversi, e, soprattutto, agli eventi violenti o estremi, come temporali, tempeste, e, in generale, forti raffiche di vento.
Da questo deriva la necessità di una manutenzione e un monitoraggio dell’impianto e del suo funzionamento più intenso e più delicato, dunque anche più costoso, rispetto a un impianto fotovoltaico.

L’impatto ambientale e i modelli di riferimento

L’impatto ambientale dell’agrivoltaico è un aspetto cruciale. La produzione di energia solare contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra, ma l’installazione degli impianti può comportare consumo di suolo, alterazione del paesaggio e perdita di biodiversità. La progettazione e la realizzazione degli impianti devono minimizzare questi impatti, preservando la qualità del suolo, la flora e la fauna locali. È fondamentale un approccio che tenga conto delle specificità del territorio e delle esigenze delle comunità locali.

Esistono modelli virtuosi di agrivoltaico che dimostrano come sia possibile coniugare produzione energetica e agricola in modo sostenibile. L’impianto agrivoltaico di Le Prade, in Veneto, integra la produzione di energia con la coltivazione di erbe officinali e l’allevamento di api, creando sinergie positive per l’ambiente e l’economia locale. Altri progetti, invece, hanno suscitato polemiche per l’eccessivo consumo di suolo e l’impatto negativo sul paesaggio, evidenziando il rischio di speculazioni. La chiave è promuovere modelli che privilegino la qualità del progetto, la sostenibilità ambientale e la partecipazione degli agricoltori.
L’impianto agrivoltaico si distingue per l’altezza minima dei moduli rispetto al suolo, che deve consentire la continuità delle attività agricole e/o zootecniche, anche sotto ai moduli fotovoltaici. Nel caso di attività zootecnica o di installazione di moduli fotovoltaici in posizione verticale fissa, l’altezza minima è di 1,3 metri. Per attività colturale o mista, l’altezza minima è di 2,1 metri.

Inoltre, per poter accedere ai contributi, la superficie minima destinata all’attività agricola/pastorale deve essere pari ad almeno il 70% della superficie totale del sistema agrivoltaico. Gli impianti devono essere dotati di sistemi di monitoraggio per verificare la continuità dell’attività agricola/pastorale, il risparmio idrico, il recupero della fertilità del suolo, il microclima e la resilienza ai cambiamenti climatici. L’applicazione di moderne tecniche dell’agricoltura di precisione su coltivazioni effettuate in nuovi microclimi presenti nelle aree sottostanti i pannelli è fondamentale.

Verso un futuro sostenibile

Per garantire un futuro sostenibile per l’agrivoltaico, è necessario un approccio equilibrato che tenga conto delle esigenze del settore agricolo, della produzione energetica e della tutela dell’ambiente. Le nuove regole fiscali, se non accompagnate da misure di sostegno adeguate, rischiano di frenare gli investimenti e compromettere lo sviluppo del settore. È fondamentale semplificare le procedure burocratiche, incentivare gli investimenti e promuovere modelli virtuosi che integrino la produzione di energia con l’attività agricola in modo armonioso. Un dibattito aperto e trasparente, che coinvolga tutti gli stakeholder, è essenziale per definire un modello di agrivoltaico sostenibile, che valorizzi il territorio, protegga l’ambiente e promuova il benessere degli agricoltori e dei cittadini. Questo richiede un impegno congiunto da parte delle istituzioni, degli agricoltori, delle imprese energetiche e della società civile. Solo così l’agrivoltaico potrà trasformarsi da “specchietto per le allodole” a vera e propria opportunità per un futuro più sostenibile.

Coniugare energia e agricoltura: un orizzonte possibile

Guardando all’agrivoltaico, ci si domanda come conciliare due mondi apparentemente distanti: quello dell’energia e quello dell’agricoltura. La risposta, forse, risiede nella capacità di integrare queste due realtà in modo armonioso, creando un sistema che sia al tempo stesso efficiente dal punto di vista energetico e rispettoso dell’ambiente e del territorio.

Parlando di agricoltura, è importante ricordare che la rotazione delle colture è una pratica fondamentale per mantenere la fertilità del suolo e prevenire l’insorgenza di malattie e parassiti. Allo stesso modo, nell’agrivoltaico, è necessario adottare pratiche di gestione del suolo che consentano di preservare la sua fertilità e di garantire la produttività agricola nel tempo.

In un’ottica di agricoltura avanzata, si può pensare all’utilizzo di sensori e droni per monitorare lo stato delle colture e ottimizzare l’irrigazione e la fertilizzazione. Queste tecnologie possono contribuire a ridurre l’impatto ambientale dell’agrivoltaico e a migliorare la resa agricola.

Forse, l’agrivoltaico ci invita a ripensare il nostro rapporto con la terra, a considerare l’agricoltura non solo come fonte di cibo, ma anche come strumento per la produzione di energia pulita e per la tutela dell’ambiente. Una riflessione che, in un mondo sempre più complesso e interconnesso, si fa sempre più urgente e necessaria.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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